Horseshoe Bend, in bilico tra rocce e cielo in fiamme

Natura Stati Uniti
online da
28/09/2019

Oltre i confini delle metropoli scintillanti, il Sud-Ovest degli Stati Uniti è un mosaico di natura che invita al silenzio, un susseguirsi di colpi di scena che invocano una sosta lungo le highways. Dal Bryce Canyon alla Monument Valley, dal Grand Canyon al Sequoia, dallo Zion al Joshua Tree, dal Big Sur allo Yosemite, nel mio on the road a stelle e strisce ho incontrato scenari epici che mi hanno ispirato una profonda gratitudine per la meraviglia del mondo.

In questo post ti racconto dell’Horseshoe Bend, in Arizona, e di quel pomeriggio in cui mi sono spinta sull’orlo di un precipizio per sfiorare il cielo con un dito. Pront* a partire con me?

Dallo Utah all’Arizona

Siamo in auto da un po’, come capita spesso negli States, dove le distanze da colmare sono ben più ampie di quelle a cui siamo abituati in Italia. Ma viaggiare sulle strade d’America non mi pesa, è come godersi un film al cinema. La Coca Cola c’è, mancano solo i pop-corn.

La giornata è iniziata ancor prima dell’alba tra i pinnacoli di roccia del Bryce Canyon National Park, nello Stato dello Utah. Dopo l’esplorazione del parco – di cui ti ho raccontato nel post Alba e sentieri da fiaba nel Bryce Canyon, Utah – e un viaggio in direzione Sud-Est di 150 miglia (poco più di 240 chilometri), salutiamo lo Utah per entrare in Arizona.

Bryce-Canyon-Queens-Garden-Trail

Quasi non mi accorgo del passaggio: un minuscolo cartello sulla highway US-89 segnala sottovoce l’ingresso nello Stato del Grand Canyon, l’Arizona, ma non conosce interruzioni la distesa che stiamo attraversando, un alternarsi di cespugli dorati e rocce rosse.

Non c’è traccia umana in nessuna direzione intorno a noi, eccezion fatta per la striscia d’asfalto che accompagna l’altopiano fino all’orizzonte.

È qui in Arizona che l’Horseshoe Bend ci rapirà al calar del sole. La curiosità di raggiungerlo e di viverlo, dopo averlo ammirato nel racconto di amici e nelle foto del web, mi elettrizza.

Appena oltre la frontiera con lo Utah, percorrendo la US-89, incontriamo una gigantesca diga sul fiume Colorado, una corazzata in cemento armato alta più di 200 metri, che delimita il bacino artificiale noto come Lake Powell.

Mentre attraversiamo il ponte sul Colorado, guardo la diga – vicinissima – con la coda dell’occhio. Gonfia d’acqua e imperturbabile, mi instilla un senso di inquietudine; non ci pensiamo un attimo ad accelerare.

In marcia tra folla e sabbia

Poco dopo i cartelli stradali ci consigliano di svoltare per la cittadina di Page, ma noi andiamo oltre finché una piccola insegna tra i cespugli a destra della US-89 ci dice che sono quasi arrivata all’Horseshoe Bend.

Imbocchiamo il bivio spolverato di sabbia che conduce ad un grande parcheggio a pagamento, segno che la meta è ormai gettonatissima. È ora di proseguire a piedi.

Un fiume di persone sta risalendo il pendio sabbioso che incombe sul parcheggio. Il punto panoramico dell’Horseshoe Bend, penso tra me e me, dev’essere lassù in cima. È tardo pomeriggio e il cielo, striato di nuvole basse e leggere, promette un tramonto di sbuffi e scintille. L’emozione sale.

Tra una chiacchiera e l’altra, la folla procede senza fretta in piccoli gruppi. Mi arrivano all’orecchio lingue diverse che si mescolano l’una con l’altra, le senti anche tu? Tengo d’occhio il sole, che si abbassa rapidamente, e inizio a temere che quella Babilonia ci inghiotta nel crepuscolo prima di arrivare al traguardo.

Superiamo i primi gruppetti, acceleriamo il passo. Correre diventa ben presto un’impresa, perché sprofondiamo in una coltre di sabbia color pesca che si accumula nelle scarpe. Il passo rallenta come in quell’incubo in cui c’è qualcosa a trattenerci mentre siamo in fuga.

Finalmente raggiungiamo la salita, il respiro frenetico. Ci siamo.

E invece no. Oltre la sommità il sentiero procede in discesa tra morbide curve e improvvise virate. Non ne vedo la fine. La gente avanza ancora, un esercito di formichine tra cespugli color della salvia che, incredibilmente, spuntano a frotte dalla sabbia.

Le ombre si allungano, dobbiamo fare in fretta. Mi lancio in avanti, più veloce che posso, facilitata dal terreno più compatto. Dopo qualche minuto scorgo un muro di persone ferme. Eccolo il punto panoramico. Fine della corsa. Cerco un piccolo varco. E smetto di respirare.

Horseshoe Bend al tramonto

Ho le labbra curvate in un sorriso. Più che un sorriso, un’incredula estasi. Persino le voci intorno a me si spengono, nulla può distrarmi.

Horseshoe-Bend-al-tramonto

In cima allo strapiombo che si apre sull’Horseshoe Bend lo sguardo corre da sinistra a destra, spazia dall’alto al basso senza posarsi su nulla in particolare. È la perfezione dell’insieme a stordirmi. Un connubio perfetto di forme e colori.

Ai nostri piedi, un vuoto spaventoso. L’altopiano si spezza in una profonda voragine scavata dal fiume Colorado, che scorre 300 metri più in basso. Bordato da un verde brillante d’erba e cespugli, serpeggia tra le rocce formando un’ansa (bend) a forma di ferro di cavallo (horseshoe).

È così mansueto, il fiume, che non mi capacito di come possa aver consumato, nel corso di millenni, strati su strati di roccia. Ma la perseveranza in natura è preziosa e il Colorado ne ha dato prova definitiva poco più a sud, forgiando la lunghissima gola del Grand Canyon.

Sopra l’Horseshoe Bend il giorno si spegne rapidamente. Il sole si nasconde dietro la cortina più bassa di nuvole e, anche quando è ormai calato sotto la linea frastagliata dell’orizzonte, non smette di illuminare la scena.

Mi trovo in equilibrio instabile tra rocce scarlatte e cielo in fiamme. Un quadro arancio e amaranto. Solo l’acqua del Colorado resiste al fuoco ma è come se, di blu vestito, si inchinasse con riverenza al tramonto in una curva perfetta.

Si alza un venticello che rinfresca l’aria e diffonde un crepuscolo che, nel giro di qualche minuto, si infittisce. Non ci sono fonti di luce nei dintorni. Solo rocce, sabbia, cespugli. E un cielo dall’orizzonte bassissimo che ingoia nel buio l’altopiano. Giù il sipario.

***

Spero di averti trasmesso un po’ delle suggestioni che mi ha regalato questo angolo di Stati Uniti. Arriveranno presto nuovi racconti a stelle e strisce!

Intanto, se sei amante dei tramonti, dai un’occhiata al post Nel Sahara: tramonto d’oro e tamburi nella notte, ti sorprenderà 🙂

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2 commenti
  1. Rispondi

    Sara

    04/11/2019

    Grazie per avermi fatto rivivere la magia dello stesso tuo viaggio, fatto molti anni fa. I paesaggi spettacolari fra Utah e Arizona sono davvero indescrivibili, ma tu sei riuscita a renderli a parole.

    • Rispondi

      Takeanyway

      04/11/2019

      Grazie Sara, sono contenta che tu li abbia rivissuti qui! 😉

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FRANCESCA VINAI
Italia

Ciao, benvenut* su Takeanyway. Sono Francesca, di professione giornalista e creativa, per passione viaggiatrice in cerca di storie. Viaggio per abbattere frontiere, per catturare scorci, per nutrirmi di incontri, per scoprire curiosità vicine e lontane, da raccontarti qui. Lasciati ispirare e fai buon viaggio.

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